Categorie di soci
Un’associazione può prevedere nel proprio statuto un’unica o varie categorie di soci. In linea di massima tutti i soci hanno gli stessi diritti e doveri. Le deroghe a questo principio devono essere disciplinate nello statuto.
La denominazione delle singole categorie non è standardizzata e deve essere spiegata nello statuto. Per ogni categoria lo statuto può prevedere contributi e diritti d’uso diversi.
Ulteriori informazioni su importanti aspetti di questo sottotema sono disponibili più avanti in questa pagina.
Domanda
Un'associazione è autorizzata a non prelevare le quote associative?
La risposta
Sì, un'associazione non deve necessariamente prelevare le quote associative. Conformemente all'art. 71 CC, l'associazione può richiedere le quote associative solo se espressamente previste nello statuto. Lo statuto può stabilire un importo minimo o massimo da versare, oppure una fascia di oscillazione. Da quando la responsabilità dei soci è stata esclusa per legge, non è più necessario definire un importo preciso nello statuto.
La fissazione di un importo fisso nello statuto non è raccomandabile, altrimenti per ogni cambiamento è necessaria un modifica dello statuto.
Domanda
La nostra associazione comprende diverse categorie di soci (singole persone, famiglie, società, ditte). Qual è la situazione riguardo al numero di voti? Tutte le categorie hanno in linea di massima un voto?
La risposta
Al riguardo è determinante lo statuto dell'associazione, a condizione che non sia in contraddizione con la legge. Il Codice civile regola solo alcuni dettagli nell'articolo 67 CC.
1. Tutti i soci hanno egual diritto di voto nell’assemblea. Le deroghe a questo principio devono essere definite nello statuto.
2. Le risoluzioni sociali sono prese a maggioranza dei voti dei soci presenti.
In linea di principio vale quanto segue: le persone fisiche e giuridiche (ad es. le associazioni) hanno diritto a un voto ciascuna, ossia ogni socio ha un voto. Lo statuto può richiedere la rappresentanza di una persona designata (principio di delega).
I benefattori/le benefattrici di regola non hanno diritto di voto. Nel caso delle famiglie, occorre distinguere se l'intera famiglia aderisce come socio singolo oppure versando una quota ridotta, ma superiore a quella di un'adesione individuale. Nel primo caso, ha diritto di voto solo un membro della famiglia, nel secondo caso tutti i suoi membri maggiorenni presenti. Le relative disposizioni dovrebbero essere fissate nello statuto. Esempio: una famiglia versa la stessa quota associativa di un singolo socio oppure una quota maggiore (ad es. il doppio). In entrambi i casi i membri della famiglia sono soci a tutti gli effetti dell'associazione e possono fruire dei suoi servizi.
Le quote associative servono alla copertura delle uscite dell’associazione. Sono parte delle finanze dell’associazione. Il versamento di quote associative deve essere previsto nello statuto. L'importo della quota può essere stabilito dall'assemblea dei soci. Se del caso, lo statuto indica solo un importo massimo e la direzione ha facoltà di stabilire la quota effettiva in base alle necessità. Questa procedura funziona molto bene soprattutto nelle grandi associazioni.
Alcune categorie di soci possono essere esentate dal pagamento della quota associativa, se questa possibilità è disciplinata nello statuto. Ad es. i membri del comitato direttivo o i soci onorari possono essere esentati dall'obbligo di versare le quote associative.
Domanda
Nella nostra associazione le persone in formazione non versano la quota associativa. Hanno lo stesso diritto di voto?
La risposta
Siccome il principio della parità di trattamento vale per tutti i soci, anche le persone esonerate dal pagamento della quota associativa hanno pieno diritto di voto ed elezione. In realtà la parità di trattamento riguarderebbe anche la quota associativa. È tuttavia possibile prevedere nello statuto delle differenze giustificate da motivi oggettivi.
Domanda
La settimana prossima si tiene la nostra assemblea dei soci. La mozione di un socio ci è giunta dopo il termine fissato dallo statuto. Il socio propone di mantenere invariata la quota associativa. Il comitato direttivo propone invece di aumentarla. Dobbiamo mettere all'ordine del giorno la mozione del socio?
La risposta
Siccome l'oggetto «quota associativa» è già all'ordine del giorno, la mozione inoltrata concerne un punto in agenda. Il termine ultimo per l'iscrizione di una mozione all'ordine del giorno riguarda solo i nuovi oggetti da trattare.
La mozione del vostro socio deve pertanto essere presentata e messa in votazione. Un socio deve inoltre avere la possibilità di presentare una mozione (concernente un punto all'ordine del giorno) anche durante l'assemblea stessa. Solo questa procedura rende possibile una discussione democratica che permetta di pervenire a una decisione.
Se lo statuto prevede le quote associative – come è generalmente il caso – i soci sono tenuti a versarle. Se non sono menzionate nello statuto, non è possibile prelevare quote associative.
Domanda
Da quando un'adesione all'associazione è valida a tutti gli effetti? Dall'inoltro della domanda d'iscrizione? Da quando è stata versata la quota associativa? Da quando il comitato direttivo ha espresso il proprio consenso?
La risposta
Normalmente l'ammissione dei soci è regolata dallo statuto. Altrimenti è di competenza dell'assemblea dei soci. L'ammissione di nuovi soci va in seguito inserita nell'ordine del giorno dell'assemblea dei soci per essere votata.
È tuttavia anche consentito che sia il comitato direttivo a decidere in merito all'ammissione di nuovi soci. Se l'associazione desidera trasferire queste competenze al comitato direttivo, la questione deve essere regolata nello statuto.
In linea di principio l'adesione è valida dal momento dell'ammissione da parte dell'assemblea dei soci o del comitato direttivo.
Nello statuto o nel regolamento possono però essere formulati ulteriori dettagli, come ad esempio che l'adesione è valida dal momento del versamento della quota associativa, oppure che inizia o termina con l'anno scolastico o l'anno civile.
Per ogni associazione è importante poter sempre distinguere tra soci e non soci.
Domanda
Il nostro comitato direttivo lavora molto, senza ricevere nessuna indennità. Ai singoli membri del comitato direttivo possiamo almeno condonare la quota associativa annua?
La risposta
In linea di principio tutti i membri dell'associazione hanno gli stessi diritti e doveri. E ciò vale anche per il versamento annuale della quota associativa annua. Si può fare un'eccezione solo se lo statuto prevede una disposizione di questo genere. Ad esempio: «Il comitato direttivo e i soci onorari sono esonerati dall'obbligo di versare la quota associativa.».
Domanda
La quota annuale/quota associativa deve essere messa all'ordine del giorno dell'assemblea dei soci, anche se rimane uguale tutti gli anni?
La risposta
Di regola l'importo della quota associativa è stabilito dall'assemblea dei soci. Se tale importo è definito nello statuto, può essere aumentato o diminuito solo mediante una modifica dello statuto. In questo caso la questione può essere sollevata solo con una corrispondente proposta del comitato direttivo o di un socio nell'ordine del giorno.
Se l'importo della quota associativa non è definito nello statuto, la sua definizione rientra nell'attività ordinaria dell'assemblea dei soci. In questo caso è opportuno inserire ogni anno nell'ordine del giorno il punto «quota associativa». Il comitato direttivo potrà ad esempio chiedere di mantenere l'importo invariato. A loro volta i soci potranno presentare una controproposta.
Domanda
Le quote associative sono soggette all’imposta sul valore aggiunto?
La risposta
Le associazioni possono richiedere il pagamento di quote associative, se previsto dallo statuto. In tal caso si pone la questione se tali quote sono soggette all’imposta sul valore aggiunto o meno. Il Tribunale federale ha stabilito che il fattore determinante per valutare la questione è l’esistenza di uno scambio di servizi tra l’associazione e i suoi soci.
Se il socio riceve un beneficio specifico in cambio del contributo versato, si parla di quote associative “finte”. Tali quote devono essere registrate ai fini del versamento dell’imposta sul valore aggiunto. Se invece le quote stabilite nello statuto sono utilizzate per perseguire le finalità dell’associazione e i relativi servizi vanno a beneficio di tutti i soci, si parla di quote associative “vere” e di conseguenza non soggette all’imposta sul valore aggiunte.
Un socio può essere esentato dal versamento della quota associativa, ad es. perché ha fatto (o fa) già molto per l’associazione, o perché per l’associazione è un onore annoverarlo tra i propri soci.
Le persone o le organizzazioni che hanno particolarmente a cuore lo scopo dell’associazione possono sostenerla, versandole un importo superiore alla quota associativa o devolvendole regolarmente somme di denaro.
Domanda
La nostra associazione comprende diverse categorie di soci (singole persone, famiglie, società, ditte). Qual è la situazione riguardo al numero di voti? Tutte le categorie hanno in linea di massima un voto?
La risposta
Al riguardo è determinante lo statuto dell'associazione, a condizione che non sia in contraddizione con la legge. Il Codice civile regola solo alcuni dettagli nell'articolo 67 CC.
1. Tutti i soci hanno egual diritto di voto nell’assemblea. Le deroghe a questo principio devono essere definite nello statuto.
2. Le risoluzioni sociali sono prese a maggioranza dei voti dei soci presenti.
In linea di principio vale quanto segue: le persone fisiche e giuridiche (ad es. le associazioni) hanno diritto a un voto ciascuna, ossia ogni socio ha un voto. Lo statuto può richiedere la rappresentanza di una persona designata (principio di delega).
I benefattori/le benefattrici di regola non hanno diritto di voto. Nel caso delle famiglie, occorre distinguere se l'intera famiglia aderisce come socio singolo oppure versando una quota ridotta, ma superiore a quella di un'adesione individuale. Nel primo caso, ha diritto di voto solo un membro della famiglia, nel secondo caso tutti i suoi membri maggiorenni presenti. Le relative disposizioni dovrebbero essere fissate nello statuto. Esempio: una famiglia versa la stessa quota associativa di un singolo socio oppure una quota maggiore (ad es. il doppio). In entrambi i casi i membri della famiglia sono soci a tutti gli effetti dell'associazione e possono fruire dei suoi servizi.
Tutti i soci presenti all’assemblea hanno diritto di voto, a meno che lo statuto non preveda un diritto limitato o addirittura nessun diritto di voto per determinate categorie. I votanti si esprimono con un «sì» o un «no» – oppure con un’astensione – in merito agli oggetti messi in votazione. Il diritto di voto è un diritto importante dei soci, con il quale ognuno di loro può influenzare la storia dell’associazione. Un socio non può votare e deve astenersi, solo quando la decisione concerne direttamente la sua persona o un suo parente prossimo in linea ascendente o discendente (nonni, genitori, figli, nipoti).
Il diritto di elettorato è un diritto fondamentale dei soci. L’elezione dei membri del comitato direttivo permette di influire sulla gestione dell’associazione. Il diritto di elettorato attivo è il diritto di partecipare alle elezioni, esprimendo il proprio voto. Il diritto di elettorato passivo è il diritto di candidarsi e di essere eletto (eleggibilità).
Domanda
Nella nostra associazione le persone in formazione non versano la quota associativa. Hanno lo stesso diritto di voto?
La risposta
Siccome il principio della parità di trattamento vale per tutti i soci, anche le persone esonerate dal pagamento della quota associativa hanno pieno diritto di voto ed elezione. In realtà la parità di trattamento riguarderebbe anche la quota associativa. È tuttavia possibile prevedere nello statuto delle differenze giustificate da motivi oggettivi.
In linea di massima, nelle votazioni e nelle nomine si distingue tra maggioranza assoluta, maggioranza relativa (o semplice) e maggioranza qualificata. Questi termini non sono tuttavia usati in un’accezione standard. Lo statuto dell’associazione stabilisce il tipo di maggioranza applicato e le basi di calcolo per determinarla. In mancanza di disposizioni statutarie, di norma vale la maggioranza assoluta, ossia la maggioranza dei voti dei soci presenti (ad esempio 21 se gli aventi diritto al voto presenti sono 40). A questo scopo vanno contati tutti i voti, ossia anche quelli non validi e le astensioni. La maggioranza assoluta può però essere calcolata sulla base dei voti validi espressi. _x000D_ Una proposta è accettata con la maggioranza relativa (o semplice), se nella votazione i «sì» superano i «no». Le astensioni non contano._x000D_ La maggioranza qualificata è prevista per questioni di particolare importanza (ad es. la modifica dello statuto) e richiede un consenso maggiore rispetto alla semplice maggioranza, ad es. i due terzi o i tre quarti dei volti validi. Per votazioni molto importanti o per le decisioni prese mediante circolazione degli atti, lo statuto può anche prevedere l’unanimità. Anche in questo caso è opportuno stabilire se è necessaria l’unanimità dei soci presenti o di tutti i soci (riunione di tutti i soci). Occorre altresì definire nello statuto la procedura in caso di parità di voti. In questo caso il voto del/della presidente è spesso il voto preponderante. Altrimenti la proposta è respinta, poiché non ha ottenuto la maggioranza.
Tutti i soci devono godere dello stesso trattamento, tranne quando lo statuto prevede delle differenze (categorie di soci).
In linea di massima vale il principio di uguaglianza: un voto a testa. Sono tuttavia possibili deroghe: se è ammesso il voto preponderante, la presidenza ha due voti. Altre deroghe devono essere ben motivate e previste dallo statuto (ad es. due voti per famiglia).
La supplenza (o rappresentanza) è la delega a terzi dell’agire legalmente vincolante. Se lo statuto lo permette, un socio può designare un supplente che lo rappresenti all’interno dell’assemblea. Lo statuto può specificare nel dettaglio le modalità di rappresentanza: ad es. procura scritta, numero di rappresentanze consentite per ciascun membro ecc. Il comitato direttivo può emanare le regole per la rappresentanza dei suoi membri. Fehlender Text in det deutschen Version: Per quanto concerne il diritto di voto durante le sedute, vale tuttavia la regola che possono votare solo i presenti. È importante prevedere dei sostituti anche nell’ambito della ripartizione dei compiti in tutte le mansioni del comitato direttivo, affinché quest’ultimo possa svolgere integralmente il suo lavoro anche in caso di una prolungata assenza di un membro. Il comitato direttivo agisce come organo dell’associazione e le sue decisioni sono vincolanti. Il comitato direttivo è competente per la gestione delle attività ed è autorizzato a delegarla, trasferendola ad esempio ad un ufficio. Tale ufficio agisce per l’associazione, a nome e per conto del comitato direttivo. Le sue decisioni sono vincolanti per l'associazione, come quelle del comitato direttivo. L’ufficio è pertanto responsabile delle sue azioni. In linea di massima, ciascun membro del comitato direttivo è autorizzato a rappresentare l’associazione verso l'esterno e ad assumere impegni per conto della stessa. Altrimenti l’associazione deve iscriversi nel Registro di commercio e regolare in quella sede il diritto di rappresentanza.
Una testa, un voto è uno dei principi fondamentali del carattere personale dell’associazione. Tutti i soci hanno lo stesso diritto di voto. Lo statuto può tuttavia prevedere deroghe a questa regola.
La partecipazione alle votazioni è un diritto fondamentale dei soci. Presuppone anche il diritto ad essere convocati per tempo all’assemblea dei soci. Le questioni di merito sono evase all'interno dell'assemblea con una votazione. Il voto dei presenti è segreto o palese. Lo statuto può anche prevedere una clausola che permette, ad es. ai soci che abitano all'estero e non possono viaggiare, di votare per corrispondenza o di farsi rappresentare.
Una votazione consultiva serve a chiarire l’opportunità di portare avanti un determinato progetto. Non è giuridicamente vincolante e non può essere contestata.
Durante l’assemblea dei soci il voto può essere espresso in maniera palese, mediante alzata di mano, oppure segreta, mediante una scheda deposta nell’urna.
Se lo statuto prevede il voto elettronico e se tutti i soci dispongono dell’attrezzatura informatica, le decisioni possono essere prese anche in questo modo.
Il voto per corrispondenza non è espresso durante l’assemblea dei soci, ma mediante scheda inviata per posta. Il voto per corrispondenza entra in considerazione solo per questioni di particolare importanza ed è ammesso solo se previsto nello statuto. Decide la maggioranza dei voti. È invece leggermente diversa la votazione per iscritto o «annuenza scritta» secondo il Codice civile svizzero (CC), articolo 66, capoverso 2: in questo caso, affinché la decisione sia valida è necessaria l’approvazione di tutti i soci, ossia l’unanimità. Anche questa votazione può sostituire l’assemblea dei soci.
In caso di parità di voto, la presidenza ha voto preponderante, a condizione però che ciò sia previsto dallo statuto o che corrisponda al diritto consuetudinario dell’associazione.
Nel caso di temi all'ordine del giorno particolarmente delicati, l'assemblea dei soci può optare per il voto segreto. Questa procedura può essere prevista dallo statuto o richiesta mediante una mozione d’ordine. In questo caso i soci non votano per alzata di mano, ma in maniera anonima compilando le schede di voto.
L’associazione come persona giuridica può essere parte in causa nei processi, come parte accusatrice (attore) o parte accusata (convenuto).
L’associazione debitamente fondata ha capacità processuale, ossia può compiere validamente atti procedurali.
La persona giuridica è un entità giuridica autonoma, un’unione di persone organizzate corporativamente. Può far valere diritti e doveri come una persona fisica e agisce per mezzo dei suoi organi. Quando l’associazione è stata debitamente fondata, con l’assemblea costitutiva e lo statuto, acquista personalità giuridica e agisce attraverso i suoi organi: l’assemblea dei soci e il comitato direttivo.
L’associazione ha lo status di persona giuridica dal momento della sua fondazione ordinaria, ossia non appena i soci fondatori hanno tenuto l’assemblea costitutiva e approvato lo statuto presentato in forma scritta. A quel punto l’associazione è una persona giuridica con diritti e doveri. Ha facoltà di agire non appena ha eletto i suoi organi. La capacità giuridica dell’associazione termina alla fine della procedura di liquidazione.
Un’associazione può prevedere nel proprio statuto diverse categorie di soci. La denominazione delle singole categorie non è standard e deve essere spiegata nello statuto. Un’associazione può anche avere una sola categoria di soci. In molte associazioni i soci attivi partecipano agli eventi dell’associazione e versano l'intera quota associativa. In altre, proprio perché sono soci attivi e si impegnano a favore dell’associazione, possono essere esonerati dal versamento della quota. Oppure, ad es. in un’associazione culturale, i soci passivi che non utilizzano o non utilizzano più le strutture dell’associazione possono eventualmente versare una quota associativa ridotta. Alcune persone possono anche non avere il diritto di voto, non essendo soci sotto l’aspetto giuridico, ma eventualmente solo simpatizzanti dell’associazione. Alcuni soci possono essere esentati dal versamento della quota associativa, ad es. perché lavorano o hanno lavorato per l’associazione. I sostenitori e le sostenitrici versano un importo superiore alla quota associativa stabilita. I soci onorari sono esentati, interamente o parzialmente, dall’obbligo di versare le quote. I soci collettivi sono un gruppo di persone (ad es. una famiglia) o una persona giuridica che versano una quota speciale e di norma hanno diritto a un solo voto nell'assemblea dei soci. Lo statuto può prevedere quote e diritti d'uso differenti per ogni categoria di soci. I singoli statuti possono prevedere categorie proprie o prevedere altre disposizioni, rispetto a quelle qui indicate. Siccome in linea di massima tutti i soci hanno gli stessi diritti e doveri, lo statuto deve indicare espressamente le deroghe a questo principio.
Domanda
La nostra piccola società ginnica fatica a trovare nuovi membri del comitato direttivo. Quasi tutti i ginnasti e le ginnaste attivi hanno già esercitato una volta questa carica. Un membro del comitato direttivo ha avuto l'idea di proporla a una persona che non è nella squadra, mentre lo sono i suoi figli. Un socio non attivo può essere eletto nel comitato direttivo? Ed è una scelta opportuna?
La risposta
Non ci sono motivi contrari, a meno che lo statuto non preveda che solo i soci attivi possono essere eletti nel comitato direttivo. In definitiva non cercate una persona che sappia fare la ruota o gli esercizi di squat, ma qualcuno in grado di collaborare alla direzione generale dell'associazione e di inserirsi nell'organo direttivo. Forse c'è anche un determinato settore da occupare, ad esempio l'attuariato, le finanze o la presidenza.
Anche al di fuori del gruppo dei ginnasti attivi si possono trovare persone abili nella stesura del verbale, nella gestione delle finanze o nella direzione generale di una società. Un membro del comitato direttivo ovviamente dovrebbe essere interessato all'attività dell'associazione, ma un punto di vista un po' diverso di certo non fa male.
Le associazioni possono stabilire nello statuto contributi agevolati per le famiglie e disporre che una famiglia disponga di un determinato numero di voti.
Un’associazione può prevedere nel proprio statuto diverse categorie di soci. La denominazione delle singole categorie non è standard e deve essere spiegata nello statuto. Un’associazione può anche avere una sola categoria di soci. In molte associazioni i soci attivi partecipano agli eventi dell’associazione e versano l'intera quota associativa. In altre, proprio perché sono soci attivi e si impegnano a favore dell’associazione, possono essere esonerati dal versamento della quota. Oppure, ad es. in un’associazione culturale, i soci passivi che non utilizzano o non utilizzano più le strutture dell’associazione possono eventualmente versare una quota associativa ridotta. Alcune persone possono anche non avere il diritto di voto, non essendo soci sotto l’aspetto giuridico, ma eventualmente solo simpatizzanti dell’associazione. Alcuni soci possono essere esentati dal versamento della quota associativa, ad es. perché lavorano o hanno lavorato per l’associazione. I sostenitori e le sostenitrici versano un importo superiore alla quota associativa stabilita. I soci onorari sono esentati, interamente o parzialmente, dall’obbligo di versare le quote. I soci collettivi sono un gruppo di persone (ad es. una famiglia) o una persona giuridica che versano una quota speciale e di norma hanno diritto a un solo voto nell'assemblea dei soci. Lo statuto può prevedere quote e diritti d'uso differenti per ogni categoria di soci. I singoli statuti possono prevedere categorie proprie o prevedere altre disposizioni, rispetto a quelle qui indicate. Siccome in linea di massima tutti i soci hanno gli stessi diritti e doveri, lo statuto deve indicare espressamente le deroghe a questo principio.
Domanda
La nostra associazione comprende diverse categorie di soci (singole persone, famiglie, società, ditte). Qual è la situazione riguardo al numero di voti? Tutte le categorie hanno in linea di massima un voto?
La risposta
Al riguardo è determinante lo statuto dell'associazione, a condizione che non sia in contraddizione con la legge. Il Codice civile regola solo alcuni dettagli nell'articolo 67 CC.
1. Tutti i soci hanno egual diritto di voto nell’assemblea. Le deroghe a questo principio devono essere definite nello statuto.
2. Le risoluzioni sociali sono prese a maggioranza dei voti dei soci presenti.
In linea di principio vale quanto segue: le persone fisiche e giuridiche (ad es. le associazioni) hanno diritto a un voto ciascuna, ossia ogni socio ha un voto. Lo statuto può richiedere la rappresentanza di una persona designata (principio di delega).
I benefattori/le benefattrici di regola non hanno diritto di voto. Nel caso delle famiglie, occorre distinguere se l'intera famiglia aderisce come socio singolo oppure versando una quota ridotta, ma superiore a quella di un'adesione individuale. Nel primo caso, ha diritto di voto solo un membro della famiglia, nel secondo caso tutti i suoi membri maggiorenni presenti. Le relative disposizioni dovrebbero essere fissate nello statuto. Esempio: una famiglia versa la stessa quota associativa di un singolo socio oppure una quota maggiore (ad es. il doppio). In entrambi i casi i membri della famiglia sono soci a tutti gli effetti dell'associazione e possono fruire dei suoi servizi.
Un’associazione può prevedere nel proprio statuto diverse categorie di soci. La denominazione delle singole categorie non è standard e deve essere spiegata nello statuto. Un’associazione può anche avere una sola categoria di soci. In molte associazioni i soci attivi partecipano agli eventi dell’associazione e versano l'intera quota associativa. In altre, proprio perché sono soci attivi e si impegnano a favore dell’associazione, possono essere esonerati dal versamento della quota. Oppure, ad es. in un’associazione culturale, i soci passivi che non utilizzano o non utilizzano più le strutture dell’associazione possono eventualmente versare una quota associativa ridotta. Alcune persone possono anche non avere il diritto di voto, non essendo soci sotto l’aspetto giuridico, ma eventualmente solo simpatizzanti dell’associazione. Alcuni soci possono essere esentati dal versamento della quota associativa, ad es. perché lavorano o hanno lavorato per l’associazione. I sostenitori e le sostenitrici versano un importo superiore alla quota associativa stabilita. I soci onorari sono esentati, interamente o parzialmente, dall’obbligo di versare le quote. I soci collettivi sono un gruppo di persone (ad es. una famiglia) o una persona giuridica che versano una quota speciale e di norma hanno diritto a un solo voto nell'assemblea dei soci. Lo statuto può prevedere quote e diritti d'uso differenti per ogni categoria di soci. I singoli statuti possono prevedere categorie proprie o prevedere altre disposizioni, rispetto a quelle qui indicate. Siccome in linea di massima tutti i soci hanno gli stessi diritti e doveri, lo statuto deve indicare espressamente le deroghe a questo principio.
Alcune categorie di soci possono essere esentate dal pagamento della quota associativa, se questa possibilità è disciplinata nello statuto. Ad es. i membri del comitato direttivo o i soci onorari possono essere esentati dall'obbligo di versare le quote associative.
Un socio può essere esentato dal versamento della quota associativa, ad es. perché ha fatto (o fa) già molto per l’associazione, o perché per l’associazione è un onore annoverarlo tra i propri soci.
Domanda
Un socio onorario desidera uscire dall'associazione, perché ha altri interessi. Al momento del passaggio di poteri, la persona che mi ha preceduto nella carica mi ha detto che un socio onorario non può uscire dall'associazione. È davvero così?
La risposta
Uscire da un'associazione è sempre possibile, indipendentemente dalla tipologia di socio. Il diritto di dimettersi è inalienabile e rientra nei diritti della persona. Conformemente all'art. 70 cpv. 2 CC il termine di disdetta è di sei mesi. Una disposizione dello statuto può accorciare, ma non prolungare questo termine. Non è necessario indicare i motivi di una dimissione entro il termine stabilito. Il socio onorario può pertanto tranquillamente dimettersi dall'associazione.
L'opinione contraria è probabilmente dovuta al fatto che la concessione della qualifica di socio onorario intende essere un riconoscimento a vita.
Il socio onorario è una persona che ha prestato servizi di particolare importanza all’associazione. I soci onorari sono generalmente esonerati dal versamento della quota associativa. È nella tradizione delle associazioni rendere onore ai soci che si sono particolarmente distinti per fedeltà o impegno. Alcune associazioni prevedono espressamente la carica di socio onorario.

